Lu Conzalimmure e Giustacofane
Gli attrezzi che servivano per il suo lavoro erano: un trapano a mano fatto di legno, filo di ferro non molto grosso, stucco bianco in polvere; li teneva in una scatola di legno che portava sulla spalla e con questa girava per tutto il paese in modo lento. Ogni tanto gridava con voce rauca: "cconzalimmure, ci ole cconzalimmure". Per tutti gli abitanti egli era il chirurgo dei vasi in terracotta. Ozze, capasuni, limmi, mbili, cofane, ecc. crepati o addirittura rotti erano i pazienti che lui curava con amore e bravura. Tutto riusciva a sanare, a riattaccare. Quasi sempre si sedeva o sulla sua cassetta o sopra alli pisuli delle case. Prendeva i pezzi, li esaminava con attenzione, li accostava per vedere se potevano combaciare e dopo che si era reso conto di cosa necessitasse iniziava, il lavoro di restauro. Faceva frullare con bravura e abilitą il trapano di legno; lungo la frattura faceva una serie di forellini, poi infilava delicatamente piccoli fili di ferro nei fori, li intrecciava e li stringeva con la pizzicarola. Poi passava una leggera mano di stucco lungo la frattura e sui fili di ferro. Lu cofanu tornava intero e suonava come una campana. A volte mentre lavorava raccontava delle storielle strampalate, dei fattarelli e i bambini seduti e tranquilli accanto lo ascoltavamo e contemporaneamente seguivamo come riusciva a risanare l'oggetto.
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