Maglie
- Giurdignano - Giuggianello

Il nostro viIl tracciato di questo itinerario tocca alcuni punti di enorme interesse archeologico,
con testimonianze di insediamenti umani risalenti a diverse migliaia di anni
fa, che condurranno la fantasia del visitatore a epoche lontane e misteriose.
Dei reali significati da attribuire alle opere megalitiche ancor oggi si discute.
Per la forma, l'orientamento, le dimensioni e soprattutto l'austerità,
questi monumenti hanno generato svariate ipotesi sulle loro funzioni legate ai
riti magico-religiosi e al culto dei morti; anche per l'uomo di oggi queste pietre
conservano lo stesso fascino enigmatico che colpì le generazioni dei
secoli precedenti.
Prima, però, di visitare questi monumenti, facciamo una visita a Maglie,
centro che gode di un'invidiabile posizione geografica, importante nodo stradale
e ferroviario, nonchè tappa obbligata per chi da Lecce intende raggiungere
alcune fra le più importanti marine salentine. Tutto questo favorisce
la frequentazione da parte di numerosi turisti che dai luoghi di villeggiatura
si spostano alla scoperta dell'entroterra.
Le sue origini vengono fatte risalire al casale di "Petrore" andato
distrutto; alla unificazione di tre centri contigui; ai Greci che vi eressero
tra l’VIII ed il IX secolo le Torri di San Basilio, Sant’Egidio e
San Vito, che costituirono un polo di attrazione per numerose abitazioni dalle
quali si sviluppò successivamente un vero e proprio villaggio, Magalia,
divenuto in seguito Maglie. Dal re Tancredi venne, nel 1190, concessa in feudo
ai Lubelli che vi dominarono per ben quattrocento anni; passò poi ai
Marescallo, al Prato, al Filomarini e, da ultimo, ai Capece.
Arrivando a Maglie, il primo monumento che probabilmente ci capiterà di
incontrare è la colonna che sorregge la statua della madonna delle Grazie
posta davanti all'omonima chiesa.

Il nostro viLa Chiesa della Madonna delle Grazie, chiamata anticamente della Congregazione,
presenta una facciata sobria su cui si apre un portale barocco attribuibile a
Giulio Cesare Penna il vecchio, sormontato da una statua della Madonna col Bambino
alla cui base un cartiglio reca la data di esecuzione: 1648.
L'interno si sviluppa a navata unica e l'invaso si configura a planimetria squadrangolare.
Le pareti sono arricchite da tele raffiguranti i 12 apostoli. Sulla volta sono
raffiguranti un concerto angelico in lode della Vergine e la cacciata dall'Eden
di Adamo ed Eva.
Il Campanile è alto circa 48 metri, in pietra leccese, a cinque piani
di cui i primi quattro a sezione quadrata composti architettonicamente negli
ordini dorico, ionico, corinzio e tuscanico e l'ultimo ottagonale con il cupolino
maiolicato con una croce sommitale.
Nella piazza centrale, intitolata ad Aldo Moro, il palazzo ducale che fu dei
Capece. Nella stessa piazza il bel monumento marmoreo, opera dello scultore
Bortone, raffigurante Francesca Capece, ultima della famiglia (morta nel 1849)
che donò il
suo palazzo ed il suo patrimonio all'educazione religiosa e culturale della gioventù.
A pochi passi dall'omonima piazza, vi è poi, la casa natale di Aldo Moro.
Il Duomo o chiesa della Collegiata è la chiesa principale della città che
viene comunemente chiamata Chiesa Grande. Sorge sullo stesso luogo di due precedenti
matrici rispettivamente del XVI e XIV secolo. Sebbene i documenti disponibili
non permettono di indicare nè il progettista nè gli anni di costruzione,
attraverso comparazioni stilistiche, è possibile fissare la costruzione
nella seconda metà del 700 e attribuire il progetto all'Arch. Felice
De Palma di Alessano.
Di un grazioso barocchetto, sviluppa piani di facciata in morbido chiaroscuro
seguendo l'andamento della strada. L'interno a croce latina presenta tre ampie
navate volate alla leccese e impostate su solidi pilastri. Emergono per la
loro qualità plastica i due attori della testata del transetto e il Maggiore.
Tutti scolpiti in pietra leccese da Emanuele Orfano e dipinti a marmo. Il maggiore è sormontato
dalla statua della Madonna della Misericordia e ai capialtari da quelle degli
apostoli Pietro e Paolo. Nel prebisterio il coro ligneo di 80 stalli, opera
tardo settecentesca.
Nel braccio destro del transetto la cappella del Sacramento rivestita di marmi
policromi, opera del marmoraro napoletano Domenico D'Aloia. Sulle pareti laterali
due ovali dipinti da Oronzo Tiso e sugli altari del transetto tele del napoletano
Pietro Bardellino e del ruffanese Saverio Lillo.
Tappa obbligatori a Maglie è senza alcun dubbio, il Museo Civico di
Paleontologia e Paletnologia, fondato nel 1960 dai membri del Gruppo Speleologico
Salentino
Le raccolte di superficie conervate nel Museo Civico di Maglie provengono da
siti sparsi in ampio territorio compreso tra Capo di Santa Maria di Leuca,
Sant’Andrea
(Otranto) e la Baia di Uluzzo (Nardò) e interessano un arco cronologico
notevole che va dalle fasi più tarde del Cretaceo fino all’Olocene.
La più ricca documentazione riguarda il periodo compreso tra l’inizio
del Pleistocene superiore (120 mila anni da oggi), testimoniato in massima parte
da reperti faunistici, e la fine dell’Età del Bronzo (3 mila anni
da oggi) e ricostruisce tutte le tappe del popolamento umano nel nostro territorio,
fin dalla sua comparsa durante il Paleolitico Medio (70 mila-45 mila anni da
oggi).
Da maglie possiamo ora spostarci verso il centro di Giurdignano.
Qui, nascosti da ulivi secolari o dispersi nei campi pietrosi, troviamo numerosi
dolmen e menhir. Il Menhir S.Vincenzo che si trova quasi al centro del paese, è alto
m 3,50, è squadrato e presenta le facce larghe. Altri menhir sono: il
Menhir S.Paolo, che si erge su una nicchia scavata nella stessa roccia del basamento,
ancora oggi oggetto di culto e che racchiude affreschi rappresentanti i SS. Pietro
e Paoloe i due menhir posti ai bordi della vecchia strada che porta alla località detta "Vicinanze".
Il Dolmen Stabile, nei pressi della Masseria Quattromacine deve probabilmente
il suo nome al fatto che vi si stabulavano animali. A 8 km dal mare e 90 m di
quota, fu trovato da Maggiulli nel 1893; i pilastri di sostegno sono strutturati
in modo simile a quelli maltesi, con due ortostati e una serie di blocchi. E'
alto un metro e presenta la tavola (2,6 x 1,8 m) incisa lungo il bordo da una
canaletta su cui confluiscono altre due incisioni, perpendicolari tra loro, che
iniziano dal centro della tavola; superate le ipotesi che le legavano a riti
sacrificali, oggi tali incisioni sono ritenute da qualcuno posteriori rispetto
al Dolmen. Il Dolmen Grassi, immerso negli olivi e probabilmente il più grande
in origine dei dolmen salentini fu scoperto nel 1893, aveva la lastra di copertura,
oggi ridotta in due pezzi, di dimensioni 5,5 x 1,5 m, sorretta da ben 13 pilastri.
A poca distanza dal Dolmen Grassi troviamo ciò che resta del Dolmen Chiancuse;
di pianta poligonale, in origine sorretta da sette ortostati, la lastra di copertura
(2,2 x 1,7 m) è oggi accasciata al suolo. Nel centro abitato di Giurdignano
possiamo visitare la Cripta dedicata a S. Salvatore. I soffitti riccamente decorati
videro officiato il rito greco probabilmente fino ai primi anni del XVII secolo,
epoca in cui si registra ancora la presenza in terra d'Otranto dei sacerdoti
bizantini. Come le altre cripte, fu scavata nella roccia tufacea, nella quale
si ricavarono i quattro pilastri che separano le tre navate absidate. I pilastri
sono caratterizzati dalla sezione a forma di croce, motivo originale in questo
tipo di manufatti, nonchè da sedili, ricavati nella stessa pietra e scolpiti
alla base. Oltre agli affreschi delle pareti, di epoca posteriore al XII secolo,
da segnalare al suo interno l'affresco raffigurante la Vergine sul trono affiancata
dagli Arcangeli Michele e Gabriele, motivo iconico già incontrato nella
Cripta dei SS. Stefani di Vaste.
In virtù delle sue caratteristiche architettoniche e decorative la Cripta,
datata intorno al X secolo, è ritenuta da molti essere l'antica Cattedrale
di Otranto, attiva nel periodo immediatamente successivo alla distruzione della
cittadina per mano araba nel IX secolo.
Da giurdignano ci spostiamo ora verso Giuggianello dove troviamo "Lu furticiddhu
de la Vecchia e de lu Nanni", uno degli elementi più singolari
del paesaggio naturale del Salento.
Si tratta di un blocco monolitico di roccia calcarea che, a dirla con C. De
Giorgi, "sembra
a prima giunta un fungo di forme colossali col suo cappello e col suo peduncolo",
e che, ergendosi nella cornice di ulivi e lecci, ha suggestionato per secoli
le genti di queste zone.
Secondo una delle leggende "dotte", la sua origine si fa risalire ad
Ercole che, sbarcato sulle coste salentine, si scontrò con l'ostilità delle
popolazioni locali, ed infuriato scagliò contro di esse alcuni massi staccati
dalla scogliera. La tradizione popolare invece ricorda la strega (la Vecchia)
che in quei paraggi lavorava con l'arcolaio ("lu furticiddhu" è appunto
l'anello di forma discoidale che, nel fuso dell'arcolaio, blocca la fibra filata)
e l'orco (lu Nanni), che sicuramente non poco timore dovette incutere in queste
zone. Il "Masso (o furticiddhu) della Vecchia" non è l'unica
particolarità che si può trovare in questa zona; qui infatti troviamo
anche un enorme monolite a forma di cuscino, comunemente chiamato il "Letto
della Vecchia" e un masso che, secondo una leggenda attribuita ad Aristotele,
viene chiamato "Piede di Ercole".