Santa
Cesarea Terme - Castro - Tricase

Il nostro viIl nostro viaggio inizia da Santa Cesarea Terme città dalle
antichissime origini, popolata da Cretesi scacciati dalle
invasioni barbariche.
Durante il viaggio, che ci condurrà a Santa Cesaria, lungo la litoranea
Otranto-Leuca arriaviamo a Porto Badisco. Porto Badisco o Approdo di Enea accomuna
la bellezza paesaggistica ad una eccezionale gamma di interessi che vanno dall'idrologia
alla geologia, dalla paleontologia alla paletnologia. Per i trekkisti è una
tappa obbligata per le escursioni domenicali e per praticare arrampicate libere
lungo le pareti del Canalone, per i geologi e gli storici Porto Badisco è "il
santuario della preistoria" rappresentato dalle Grotte dei Cervi. In queste
cavità naturali è stato scoperto nel 1970 un complesso di pitture
parietali rupestri, datato grosso modo fra i 4500-6000 anni a.C., il più importante
d'Europa nel suo genere.
Superato il tratto stradale caratterizzato da tornanti che sembrano portare
direttamente nel mare visibile oltre il parapetto, inattesa e rassicurante
appare S. Cesarea
Terme famosa località termale grazie alle acque salsoiodiche sulfuree.
La sottostante scogliera è alta, pericolosa, visibilmente impraticabile
sia per una facile balneazione, sia per un'attività sportiva o industriale
quale la pesca.
A Santa Cesarea si respira un'atmosfera di diffusa calma, di antica pace, tanto
da indurre, tra la fine dell'800 ed i primi decenni del '900, facoltosi borghesi
e maturi nobili salentini alla realizzazione di lussuose ville, spesso frivole
e stravaganti che tuttora connotano, con l'estro decorativo delle facciate e
la raffinata fantasia delle linee architettoniche, l'aspetto estetico di questa
stupenda cittadina.
Santa Cesarea Terme deve il suo sviluppo proprio allo sfruttamento del mare,
ricco di proprietà terapeutiche per la presenza di sorgenti termominerali,
conosciute già al tempo di Aristotele e Strabone.

Il nostro viE' proprio qui che sgorga nella grotta posta a picco sul mare la sorgente miracolosa,
dedicata alla S. Vergine Cesarea, che secondo alcune cronache d'un tempo, queste
acque hanno guarito tutti coloro che si sono bagnati. Ciò è testimoniato
dagli oggetti donati nella modesta chiesa posta sopra la grotta come ex voto.
La leggenda pagana narra che Ercole inseguì i giganti Leuterni e li trucidò con
la sua possente clava; dai corpi disfatti vennero fuori le sorgenti sulfuree
che caratterizzano il tratto costiero di S. Cesarea Terme. La leggenda popolare
cristiana, invece, tramanda che una giovinetta di nome Cisaria, fatta segno dal
genitore a voglie incestuose, si rifugiò in una grotta e quando il genitore
la raggiunse, fu arso vivo da vampate di zolfo. Il monte, intanto, si era aperto
per inghiottire e salvare Cisaria; le acque trattennero la sua purezza diventando
miracolose e perciò mèta di sofferenti che cercavano guarigione.
Oltre a questa miracolosa grotta, vi sono quattro altre distinte grotte come
la Gattulla, la Fatida, la Solfatara e la Grotta Grande. Le sorgenti idroterapiche
sgorgano in queste quattro grotte naturali, ad una temperatura di 30°, sul
fondo delle quali si accumulano fanghi particolarmente benefici. Da questo S.
Cesarea Terme è un' ottima meta di relax e salute.
A pochi chilometri da Santa Cesarea Terme, in direzione Sud, troviamo Castro,
paese di impostazione quasi medioevale, in ottima posizione panoramica, punto
d'appoggio per le escursioni alle due delle grotte più importanti della
Puglia, la grotta Romanelli e la grotta della Zinzulusa. Essa si divide in Castro
superiore che conserva importanti vestigia del suo antico splendore, con resti
della Cattedrale bizantina, resti di un maniero cinquecentesco, e i quattro torrioni
delle diroccate mura che cingevano la città e Castro marina, con le
sue abitazioni raccolte in una insenatura.
Sull'origine di Castro le opinioni degli storici sono controverse; alcuni ne
attribuiscono la fondazione ai Greci, altri al re cretese Idomeneo, a Japige,
a Diomede, ai Pelasgi. Elevata dai Normanni a sede vescovile e divenuta Contea,
Castro ebbe alle sue dipendenze un buon numero di feudi e di casali, fu dotata
di una Cattedrale (1171), dedicata alla Vergine Annunziata. Il maniero, vanto
di Castro e dei Gattinara, feudatari del luogo nel XVI secolo, era stato completamente
ricostruito nel 1572 e rinforzato con poderosi baluardi ai quattro spigoli.
Si dovette aspettare il XVIII secolo perché il castello, modificato
in residenza dei conti di Lemos e Castro, venisse restaurato.
Castro Marina, con la sua caratteristica roccia, costrituita da strapiombi di
falesie che si tuffano nel mare dai riflessi verdi, con le sue case annidate
in una pittoresca insenatura, offre un soggiorno di incantevole meraviglia. Un
cenno a parte meritano le grotte costiere che ricadono nel territorio di Castro:
Zinzulusa, Romanelli, Ritunna (Rotonda), Ritunneddhra (Rotondella), Palummara
(Colombaria), delle Striare (Streghe), dell'Acquaviva (nell'omonima insenatura)
e tante altre che soltanto i pescatori conoscono coi nomi convenzionali.

Il nostro viLa grotta Romanelli fu scoperta dallo studioso locale Paolo Emilio Stasi alla
fine del 1800. E interessante non solo come fenomeno carsico, ma principalmente
per le sue stupende testimonianze preistoriche. Presenta una stratificazione
eccezionalmente regolare: gli strati più bassi, nei quali appaiono 'focolari'
umani, risalgono al lunghissimo periodo del clima caldo. A questi strati inferiori
si sovrappone un consistente letto stalagmitico provocato da clima piovoso
e freddo, ripercussione meridionale dei fenomeni dell'ultima grande espansione
glaciale.
Sulle pareti della grotta e sui massi franati dalle pareti stesse sono apparse
primitive figure graffite, alcune delle quali sono interpretabili come rappresentazioni
umane, altre di bovini. In queste ultime l'animale viene messo in rilievo
nella sola parte antero-superiore, con sicurezza di tratto e un certo naturalismo,
il che lascia intendere qualche remota analogia con le note rappresentazioni
di animali dell'arte paleolitica superiore del sud - ovest dell'Europa.
La grotta Romanelli dà il nome alla cosiddetta 'cultura romanelliana'
della preistoria. La visita è riservata solo agli studiosi, ed occorre
il permesso della Soprintendenza alle antichità della Puglia. La grotta è raggiungibile
via terra da Castro Marina, o in barca con una escursione di un'ora di mare.La
Zinzulusa, per quanto noto, non è lunga più di 150 metri, anche
se numerosi sono gli indizi che fanno supporre un ulteriore sviluppo in rami
non ancora esplorati. L'Atrio della Grotta è una falesia alta oltre
30 metri sul livello del mare ed è sorretta da due pareti laterali di
roccia sulle quali la volta scarica il proprio peso. Il ricco materiale ossifero
qui rinvenuto ha restituito resti di rinoceronte, elefante, orso speleo ed
ippopotamo. Al suo interno sono ancora visibili i resti degli sbocchi di antichi
fiumi sotterranei, dello stesso genere di quelli che oggi, determinano correnti
ascensionali nel braccio di mare antistante, con evidenti giochi di rifrazione
dovuti alle diverse densità dell'acqua dolce che si mescola a quella
marina. Dall'Atrio il fondo della grotta sembra poco più che una breccia
nella roccia, ma subito dietro la prima stalagmite il cunicolo si allarga nel
Vestibolo. Qui sono state rinvenute le testimonianze di un insediamento umano:
reperti del Paleolitico (bulini, lame, grattatoi) e del Neolitico (ceramiche,
manufatti in osso, ossidiane, selci). Sul lato sinistro del Vestibolo si trova
la Conca, un laghetto dalla superficie di circa 100 mq e profondo 7 m nel quale
fu rinvenuto vasellame dei periodi Neolitico ed Eneolitico. Dalla Conca si
diparte il tratto più lungo della grotta, chiamato Corridoio delle
Meraviglie a causa delle stupefacenti concrezioni calcaree.
Lungo il Corridoio si trova il Trabocchetto, un piccolo specchio d'acqua
limpidissima, e gruppi di stalattiti e stalagmiti ai quali sono stati attribuiti
gli appellativi
di Sentinella, Baldacchino, Cascata, Aquila, Prosciutto, Pulpito, Leggìo,
Presepe, Spada di Damocle, per la più o meno accentuata rassomiglianza
delle concrezioni con tali figure.
Dalla Cripta, ultimo tratto del corridoio dalle numerose colonne calcaree,
si apre repentinamente il Duomo, alto, nel suo culmine, circa 24 m ; questo
fu scavato, tra pareti di roccia tufacea, da turbolente acque sotterranee e
sul suo pavimento, oggi completamente ripulito, si erano accumulati 10 m di
guano prodotto dai pipistrelli, i veri signori della grotta.
Dal Duomo si raggiunge il Cocito, laghetto sotterraneo dove Bottazzi nel
1922 scoprì due piccoli crostacei, relitti di una fauna paleomediterranea
protetti nella grotta dai mutamenti che l'ambiente esterno ha subito nei
millenni.
Da Castro ci possiamo spostare nel centro di Tricase. Incorporata nel Principato
di Taranto, Tricase fu più volte saccheggiata dai turchi e dagli abitanti
dei villaggi vicini, avidi di bottino. Il complesso architettonico di maggior
rilievo è rappresentato dall'attuale Piazza G. Pisanelli (1688), costituita
dalla facciata della chiesa di S. Domenico, dal castello, dalla chiesa madre
e da una schiera di case a disposizione molto varia. Poco distante dalla piazza
vi è la Chiesa dedicata all'Arcangelo Michele, costruita nel 1624, ma
decisamente cinquecentesca nell'impostazione stilistica e nelle decorazioni.
In fondo alla piazza della Vittoria, la Chiesa di S. Antonio di Padova, quasi
una cappella dell'attiguo ex Convento dei Cappuccini (1578), con l'altare maggiore
in legno, vistosamente intarsiato, e numerose tele che adornano i muri. In
contrada "Riu", la Cappella della Madonna di Loreto, (sec. XVIII)
nel cui interno può ammirarsi il bel pavimento a mosaico eseguito nel
1879 dai F.lli Peluso, ed inoltre una statua lignea raffigurante la Vergine,
nonché una tela riproducente la "Vergine col Bambino". Nella
periferia sud dell'abitato, la Chiesa Nuova, già dedicata alla Madonna
di Costantinopoli, a pianta ottagonale, fatta erigere dal Marchese S. Francesco
Gattinara nel 1685. È meglio conosciuta dal popolo come "la chiesa
dei diavoli", perché, secondo un'antica leggenda, il citato marchese
costrinse il diavolo ad edificarla in una sola notte. Da tricase ci spostimo
nuovamente lungo la costa e precisamente all'omonima marina, ove imponenti
residenze signorili fanno da corona all'insenatura caratterizzata dal porticciolo
turistico. Durante il trasferimento si possono osservare stupendi esemplari
di "quercia vallonea", specie arborea tipica della flora salentina,
che un tempo ricopriva grandi estensioni boschive. Vi è un esemplare
secolare di circa 600 anni, maestoso, col tronco dal diametro di 1,5 metri
e la chioma di almeno 500 mq. di larghezza, cosiddetta "la quercia dei
100 cavalieri".
Da qui, continuando verso sud, lungo lalitoranea, in direzione Santa Maria
di Leuca, giugiamo a Marina di Novaglie località costiera, con la sua
forma simile a un fiordo che si immerge nel mare dal colore indescrivibile,
nel quale si riflettono le rarità floristiche tipiche delle pareti rocciose
prossime al Santuario di Leuca. Una miriade di piccole cavità costiere
ci accompagna sino al Canale del Ciolo, cosiddetto per la presenza nella zona
di corvi, chiamati volgarmente "ciole". Si dovrebbe continuare il
viaggio in barca: si rimarrebbe sbalorditi per la ricchezza delle cavità.
Fanno quasi paura a guardarle dal mare.