STORIA DELLA
GRECIA SALENTINA
Fra
il secolo VIII ed il secolo
XI d.C., il Salento centro-meridionale
fu profondamente ellenizzato,
per una serie di eventi che
contribuirono efficacemente
alla nascita di un'isola etnico-linguistica,
chiamata comunemente Grecìa
Salentina. Nel 727, l'imperatore
bizantino Leone III ordinò che
in tutte le province dell'Impero
d'Oriente fossero rimosse e
distrutte le immagini sacre,
o icone. Subito scoppiarono
ovunque gravi sommosse, capitanate
da monaci, che si rifiutarono
di obbedire all'editto imperiale.
Seguì la guerra iconoclasta,
che durò alcuni decenni,
trasformandosi ben presto in
una sanguinosa guerra civile.
Per sottrarsi ai massacri ordinati
da Leone III e dai suoi successori,
migliaia di monaci abbandonarono
le province orientali dell'Impero
e si trasferirono nelle regioni
meridionali dell'Italia, tra
cui il Salento, dove furono
fondati innumerevoli conventi
basiliani, che diventarono,
nello stesso tempo, fiorenti
centri di cultura greca, promotori
di una rinascita sociale ed
economica, perché i
monaci non si dedicarono solo
alla preghiera e all'ascesi,
ma anche al lavoro dei campi
e alla produzione del vino
e dell'olio.
A questa prima immigrazione,
seguirono ben presto altre
più massicce e durature.
Nell' 867, saliva al trono
di Costantinopoli l'imperatore
Basilio I, che si assunse il
compito di combattere energicamente
gli arabi, sia in Oriente che
in Occidente. Gran parte dell'Italia
Meridionale era caduta nelle
mani di questi terribili invasori,
che devastavano città e
campagne, costringendo i monaci
basiliani ad abbandonare la
Sicilia e la Calabria ed a
rifugiarsi nel Salento: le
vittoriose campagne militari
condotte dal grande imperatore
liberarono dagli arabi e dai
longobardi di Benevento (che
erano giunti nel Meridione
d'Italia alla fine del secolo
VI) buona parte delle regioni
dell'Italia Meridionale, che
costituirono il Thema di Longobardia.
La riconquista operata da Basilio
I e continuata dai suoi successori
provocò, particolarmente
nel Salento, una massiccia
immigrazione da tutte le regioni
periferiche dell'Impero Bizantino,
sia per motivi militari, sia
per sfuggire alle incursioni
arabe ( a cui erano particolarmente
esposte Creta, Cipro, le isole
dell'Egeo, ecc.), sia per coltivare
terre rimaste in abbandono
per secoli. Insieme a militari,
marinai, contadini, arrivarono
dall'Oriente anche funzionari,
impiegati, giudici e sacerdoti,
indispensabili per la vita
socio-economica della comunità.
I nuclei abitativi che si formavano
si organizzavano in casali
o insediamenti in grotta, più frequenti
verso l'area di Taranto, dove
la morfologia del terreno,
con le gravine, favoriva la
creazione di grandi villaggi
rupestri. Nel corso dei secoli
IX-XI, si verificarono anche
cospicue immigrazioni di migliaia
di persone, provenienti da
diverse regioni dell'Impero,
col compito di ripopolare zone
rimaste fin dall'antichità prive
di abitanti. La più importante
di queste immigrazioni, è quella
riportata dalla Cronaca di
Theofanes Continuatus, dove
si parla di una ricchissima
vedova del Peloponneso, una
certa Danilis, che lasciò erede
delle sue inestimabili ricchezze
l'imperatore Basilio. Questi,
sia per ripopolare delle zone
rimaste completamente deserte
a causa delle interminabili
guerre, sia per proteggere
vitali vie di comunicazione,
mandò tremila servi
nel Thema di Longobardia per
costituire una colonia. Per
effetto di questa e di altre
immigrazioni, sorsero nella
fascia mediana del Salento,
fra Otranto e Gallipoli, una
quarantina di villaggi, costituiti
in buona parte da abitanti
di origine greca, che parlavano
in greco, praticavano la religione
greco-ortodossa ed avevano
usi e costumi greci.
Nei primi decenni del secolo
XI, cominciarono le scorrerie
di nuovi invasori, provenienti
dal nord dell'Europa: i Normanni,
che nel giro di pochi decenni
misero fine al dominio bizantino,
creando in Italia Meridionale
uno stato unitario e introducendo
il feudalesimo, che si conserverà intatto
fino agli inizi del sec. XIX.
Inoltre, pur lasciando vivere
in pace la popolazione greca
del Salento, favorirono il
clero cattolico ai danni di
quello ortodosso. Ai Normanni
successero le dominazioni sveva,
angioina, aragonese e spagnola,
tutte strettamente legate alla
Chiesa cattolica, che man mano
riguadagnò le posizioni
perdute nel corso dei secoli
IX-XI. Non ci furono mai veri
e propri conflitti religiosi,
ma già nel secolo XV
il monacato orientale era scomparso
ovunque, sostituito da quello
francescano, domenicano, ecc..
Intanto, il Sultano Maometto
II, dopo aver conquistato Costantinopoli
(1453) e sottomesso tutta la
Penisola Balcanica, decideva
di passare all'offensiva in
Italia e nel 1480 sbarcava
sulla costa orientale del Salento.
Otranto, considerata da secoli
il porto naturale della Grecìa
Salentina, fu distrutta e orrendamente
saccheggiata, mentre i villaggi
vicini venivano sistematicamente
devastati. Per fortuna della
Cristianità occidentale,
il terribile sultano morì nel
1481, ma le scorrerie dei turchi
continuarono ininterrottamente
fino al secolo XVIII.
In seguito al Concilio di Trento,
anche il clero secolare greco
fu sostituito da quello cattolico.
Naturalmente le funzioni religiose,
le preghiere e tutta la liturgia
furono impartite in latino
e le comunità greche
furono costrette a pregare
in una lingua che non conoscevano:
il latino. Così, tutti
i paesi che gravitavano sul
mare Jonio, abbandonavano la
lingua greca, passavano al
dialetto romanzo e la Grecìa
si riduceva a un'isola linguistica
situata nella parte centro-orientale
della Penisola Salentina, comprendente
ventiquattro villaggi. Nei
secoli XVII e XVIII, l'area
dei parlanti in griko si ridusse
a tredici paesi.
Negli anni venti del nostro
secolo, il griko si parlava
in nove paesi, ma già a
Soleto e Melpignano cominciava
ad essere abbandonato. Nel
1945, parlavano correntemente
in griko gli abitanti di Calimera,
Castrignano, Corigliano, Martano,
Martignano, Sternatia e Zollino.
Nel dopoguerra, per complessi
fattori di carattere socio-economico
(emigrazione, radio e televisione,
scuola, giornali, ecc.) il
numero dei parlanti griko,
anche in questi paesi, è diminuito
progressivamente.
Oggi la loro percentuale è bassa
e destinata a ridursi ancora:
parlano in griko gli anziani
e, prevalentemente, in ambito
domestico. Negli ultimi anni
si registra un'attenzione diffusa
degli abitanti della Grecìa
Salentina per le proprie origini,
la propria storia, le tradizioni
e, naturalmente, la lingua,
che viene proposta soprattutto
attraverso i canti popolari
ed anche, su iniziativa di
associazioni culturali, scuole
ed amministrazioni comunali,
attraverso dei corsi. Per quanto
riguarda la ricerca storica,
oggi essa percorre strade un
tempo non abbastanza indagate,
quali l'architettura, la gastronomia,
la musica, che forniscono elementi
di conoscenza integrativi della
ricerca filologica e storica
propriamente detta.
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