Furni e pagghiare
Le maestose costruzioni trulliformi che punteggiano il paesaggio
salentino sono tra le più sacre testimonianze della
civiltà contadina. Isolate o in coppia, di forma conica
o quadrata, la tecnica costruttiva a secco si è tramandata
di padre in figlio, senza avvertire mai il fascino degli stili.
Le costruzioni a secco (dette furni o pagghiàre) rappresentano
l’ultima fase dell’evoluzione della capanna preistorica.
All’inizio la capanna era realizzata solo con rami e
frasche; poi seguì una fase in cui fu realizzato il
perimetro in pietra e la copertura con tronchi e frasche, per
approdare poi ad un’ultima fase con costruzioni interamente
in pietra. E’ possibile distinguere due tipi di furni:
i semplici ripari per la pioggia o la calura estiva e per depositare
gli attrezzi agricoli; i furni grandi o pagghiare che fungevano
anche da abitazione.
Nel primo caso la costruzione è semplice;
le pietre vengono sistemate ad incastro formando delle circonferenze
il cui raggio si restringe sempre più, fino a chiudere
il trullo (truddhru) con una sola grande pietra (chiànca).
Nel caso dei furni grandi, la tecnica costruttiva è più complessa;
in questo caso vengono realizzate due murature, una interna
e una esterna, che creano così un’intercapedine
colmata poi con pietrame e terra. In questo caso veniva realizzata
anche una scala esterna che portava al tetto, utilizzato per
far essiccare al sole i prodotti della terra. L’ingresso
ai furni è basso ed è l’unico elemento
che ha maggiormente risentito di cambiamenti col passare del
tempo; all’inizio si presentava con due elementi verticali
come stipiti e uno orizzontale come architrave. Successivamente,
quest’ultimo è stato sostituito prima da due blocchi
monolitici che richiamano il triangolo di scarico e poi da
un piccolo arco.
Muretti a secco
Il Salento è una terra carsica bruciata dal sole che
abbonda di materiale pietroso. Assoggettare questa terra è stato
per i contadini un compito durissimo; per renderla coltivabile è stato
necessario ”ripulirla” dalle pietre che sono state
così accumulate (specchie) o messe ai bordi dei campi,
fungendo come limite del campo stesso. Il cumulo ha poi assunto
un aspetto definito con forma e dimensione, diventando un elemento
caratteristico della campagna salentina, al punto da richiedere
una persona specializzata nella sua costruzione, “lu
paritaru”.
La tecnica costruttiva è molto semplice;
si realizza una base composta di due file parallele di pietre
grosse e con forma quasi regolare. Su questa base saranno sistemate
le altre pietre cercando di giustapporre le facce in modo da
dare una certa omogeneità all’insieme, riempiendo
il più possibile gli spazi vuoti. Una volta raggiunta
l’altezza desiderata, la copertura veniva realizzata
con lastre di pietra più regolare. Alcuni muri hanno
nella parte alta un elemento caratteristico denominato paralupi.
Si tratta di un cordolo fatto con pietre piatte che sporgono
verso l’esterno, per impedire agli animali selvaggi di
arrampicarsi e penetrare nei recinti che custodivano conigli
e galline. Il muro a secco ha assolto non solo la funzione
di delimitare le proprietà (chiusure), ma anche di difesa
del territorio, basti pensare alle specchie per l’avvistamento
o ai muri di fortificazione d’epoca messapica, realizzati
con blocchi monolitici enormi e lineari.
APPROFONDIMENTI:
IMMAGINI
SCHEMA COSTRUZIONE FURNI E PAJARE
SCRITTO DA EMANUELE PASCA